Oggi parlo di...

Due parole per le Donne in un mondo che ha ancora bisogno di “Giornate Internazionali” per l’eliminazione della violenza contro le donne o contro qualunque essere vivente...
La violenza sulle donne  è uno scandalo vergognoso. In molte società questo problema  è accentuato ancor di più dall’indifferenza e dal silenzio dei governi.
Sia in tempo di pace che durante la guerra, le donne subiscono incredibili atrocità talvolta solo per  il fatto di essere donne.
Vengono picchiate, aggredite, stuprate, mutilate, assassinate  e  private del diritto alla vita.
Purtroppo, spesso,  la violenza non viene da fuori, è proprio accanto. La violenza viene da chi non ci si aspetta: vive nella stessa casa, dorme nello stesso letto. Stai attenta donna!
Ricordiamo, come diceva Marshall Rosenberg , che “ogni tipo di violenza è il risultato del fatto che le persone inducono se stesse a credere che il loro dolore deriva dagli altri e che, di conseguenza, essi meritano di essere puniti”. Non facciamo che ciò accada! Urliamo con forza: MAI PIU’ VIOLENZA SULLE DONNE E SU OGNI ESSERE VIVENTE!

(© Alessia S. Lorenzi  Riproduzione riservata)

 

 

 

 

Virna Lisi: un’attrice che sapeva essere silenziosamente grande

 

Virna Lisi, l’attrice dal viso d’angelo, se n’è andata lasciando un grande vuoto nel cinema italiano e in tutti coloro che ne hanno saputo apprezzare le grandi qualità. E quando dico  cinema italiano intendo il grande cinema. Una donna che ha saputo dare valore all’aspetto interiore di una persona mettendo al secondo posto quello esteriore, una donna che ha accettato spessissimo ruoli che la invecchiavano e la imbruttivano perché  sosteneva che “per il tuo aspetto che merito hai?” E lei dava il massimo nel suo lavoro, dimostrando che oltre alla bellezza straordinaria, luminosa e quello  sguardo azzurro  che raccontava la  bellezza dell’anima, lei era una “diva” dentro.
“Da anni interpreto soprattutto ruoli di madre. Sono sempre stati quelli che ho preferito. Mi piaceva fare la madre già quando avevo solo l’età per fare la figlia. Tanto che dovevano invecchiarmi col trucco, per rendermi credibile”
Un’attrice che seppe dire no a Hollywood, sogno di tutte le attrici del mondo. Ci arrivò nel 1964 dove girò il film,  con Jack Lemmon, “Come uccidere vostra moglie” e un altro paio di  film, tra cui uno con Frank Sinatra. Nello stesso periodo rifiutò la  parte  della Bond girl nel nuovo capitolo del film  Agente 007, dalla Russia con amore. Anni dopo interpretò diversi  film di Germi, Lattuada, Comencini e di altri grandi registi.
Pur essendo innamorata del suo lavoro, amava molto anche il suo ruolo di moglie e madre. Forse è stata l’unica diva che ha accettato con indifferenza l’apparire delle rughe, (“Le rughe rappresentano il passato di ciascuno, e fanno parte della vita...”) come se quei segni le dessero  la possibilità di mettere ancora più in evidenza  la  sua grande bravura di attrice. Sosteneva che “Essere belle non è sempre facile se si vuol fare cinema serio”.
Nel sonno il suo cuore si è fermato, qualche settimana dopo aver scoperto di avere un male incurabile.
Ciao Virna, ci mancherai, ci mancherà la tua dolcezza e il tuo essere silenziosamente grande.
(© Alessia S. Lorenzi  - Riproduzione riservata)
 

 

 

 

 

Oggi parlo di....

 

Vittorio De Sica...un “brillante” neorealista

Nell'anniversario della sua morte avvenuta il  13 novembre 1974 mi piace raccontare un po' di questo grande personaggio del nostro cinema.
Attore e  regista cinematografico, Vittorio De Sica fu  uno dei principali protagonisti del neorealismo del cinema italiano. Nacque il 7 luglio 1901 a Sora. Diversi Oscar per i suoi film: miglior film straniero con Sciuscià del 1948 e poi nel 1950 con  Ladri di biciclette considerato uno dei film cult del nostro cinema e, infine, nel 1970  col film  Il giardino dei Finzi Contini, tratto dal romanzo di Giorgio Bassani, ottenne il quarto Premio Oscar. Il film narra la storia drammatica della  persecuzione di una famiglia di ebrei durante il fascismo; con questo film, nel 1971, ottenne anche l'Orso d'oro al Festival di Berlino.
Ricoprì soprattutto ruoli brillanti sia nel cinema che nel teatro.
Nei primi anni trenta fondò una compagnia con Giuditta Rissone e Sergio Tofano, portando in gro soprattutto rappresentazioni comiche.
Come regista si fece notare con opere molto gradevoli come Rose scarlatte del 1939,  commedia prodotta da Giuseppe Amato. Poi, nel 1940, Maddalena... zero in condotta, nel 1941 Teresa Venerdì (1941) con Anna Magnani. A partire dal 1943, con I bambini ci guardano, tratto dal romanzo di Giulio Cesare Viola, iniziò  con Zavattini, col quale collaborò  fino alla fine della carriera, ad esplorare le tematiche neorealiste.
Con questo film si allontanò dal genere dei precedenti, distacco che continuò con il film Sciuscià del 1946 nel quale sono poste in evidenza le vicende tristi e drammatiche di una società uscita dalla guerra. Stesso stile viene utilizzato in Ladri di biciclette.
Nel periodo 1946-47 collaborò anche con Luchino Visconti nello spettacolo Il matrimonio di Figaro e nella rivista Ah... ci risiamo!.
Diventò un divo tra i più richiesti  dal 1932, con molte commedie  dirette da Mario Camerini: Gli uomini, che mascalzoni... del 1932, in cui lancia la canzone Parlami d'amore Mariù,  poi  Darò un milione nel 1935, Il signor Max  e I grandi magazzini.
Nonostante avesse iniziato la sua attività di regista, continuò a recitare: partecipò almeno a un centinaio di film e vinse il  Nastro d'argento nel 1948 e diversi  premi negli anni successivi. Nei primi anni cinquanta interpretò due film, diretti da Blasetti e Comencini, a fianco di Gina Lollobrigida: Altri tempi nel 1952 e in Pane, amore e fantasia nell’anno successivo dove interpretò il maresciallo Carotenuto, molto vicino ai personaggi interpretati dal figlio Christian, impegnato a corteggiare la bella protagonista e a cui seguirono altri tre episodi.
Ebbe anche un proficuo rapporto con Alberto Sordi.
L'ultimo film da lui diretto, nel 1974 anno della sua morte, è tratto da una novella di Luigi Pirandello, Il viaggio (1974), interpretato da Sophia Loren e Richard Burton.
Si sposò nel 1937 con Giuditta Rissone dalla quale  ebbe la figlia Emilia, nel 1942, sul set conobbe l'attrice Maria Mercader, con la quale andò in seguito a convivere. Dopo un matrimonio celebrato in Messico e ritenuto nullo dalla legge italiana, nel 1968 si sposò con la Mercader a Parigi. Da lei aveva avuto due figli: Manuel nel 1949, musicista e Christian nel 1951, che seguirà le sue orme come attore e regista.
A parlare di Vittorio De Sica non si finirebbe mai, ma il mio obiettivo era ricordarlo come protagonista indiscusso del nostro cinema sia di quello brillante e leggero in cui ricoprì ruoli irresistibilmente divertenti, ma anche del cinema più impegnato e attento ai problemi drammatici della società del dopoguerra raccontando, nel film Sciuscià, di bambini e della difficile vita che sono costretti a portare avanti per sopravvivere, oppure il problema della disoccupazione, messo in luce con la descrizione degli aspetti quotidiani della vita, nel film  Ladri di biciclette.
Vittorio De Sica si spense, a 73 anni, il 13 novembre 1974 in seguito a un intervento chirurgico  nell'ospedale di Neuilly-sur-Seine, presso Parigi.
(Alessia S. Lorenzi  © Riproduzione riservata)

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Muro di Berlino: storia di un muro lungo….28 anni

 

Novembre 2014
Venticinque anni fa cadeva il simbolo della divisione tra Est e Ovest aprendo un’ epoca nuova e segnando la fine di un muro lungo….28 anni.
Nel 1945 sul finire della seconda guerra mondiale, si decise di dividere Berlino in quattro zone controllate e governate  da Francia,  Regno Unito, Stati Uniti d'America e Unione Sovietica.
Nel 1948  l'Unione Sovietica bloccò tutti gli accessi stradali e ferroviari a Berlino Ovest (Blocco di Berlino) e ciò portò all'attuazione del Ponte aereo per Berlino da parte degli Alleati per rifornire di generi di prima necessità le tre zone occidentali.
Inizialmente i cittadini  potevano muoversi senza problemi in tutte le zone. Poi ci fu la Guerra Fredda e tutto divenne maledettamente più difficile.
Il confine tra le due Germanie  venne chiuso nel 1952, ma i cittadini non ci stavano e tra il 1950 e il giorno della costruzione del muro (1961) quasi due milioni e mezzo di tedeschi si spostarono nella Germania Ovest.
La Germania Est corre ai ripari e inizia la costruzione del muro a Berlino Est, nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961, forse il giorno più infausto nella storia della Germania dopo la guerra.

Cronologia di un muro sempre più “potente” e vittoria della forza della libertà capace di abbatterlo.

Prima un semplice filo spinato segnava la linea di confine, ma già dal 15 agosto si cominciarono ad utilizzare elementi in pietra e cemento: ecco delinearsi il primo vero muro.
Il muro divenne il simbolo della tirannia comunista, soprattutto a causa delle numerose uccisioni di coloro che   tentavano di oltrepassarlo. Era lungo più di 150 chilometri.
Nel 1962 il muro venne ulteriormente fortificato: fu fatto costruire un secondo muro all'interno della frontiera. Ecco la nascita della "striscia della morte" spazio tra un muro e l’altro.
In seguito il primo muro fu abbattuto e oggi è difficile riconoscere parti di quel muro.
Nel 1965 si dà ancora più potenza a quel “mostro” simbolo di divisione: si costruisce un muro composto da lastre di cemento armato unite da elementi in  acciaio.
Nel 1975,  non ancora soddisfatta,  la Germania  inizia la costruzione di un altro muro in cemento armato rinforzato, alto quasi 4 metri. Il confine era protetto anche da molteplici recinzioni all’interno della “striscia della morte” e sorvegliato  da cecchini armati pronti a sparare ad ogni tentativo di “scavalcamento”.
Il 9 novembre 1989, dopo una conferenza stampa,  fu dato l’annuncio in tv  in cui si diceva che i berlinesi dell’Est avrebbero potuto attraversare il confine muniti di idoneo permesso. Il provvedimento doveva entrare in vigore nei giorni successivi, ma non fu specificato ciò e molte migliaia di persone si precipitarono cogliendo di sorpresa le guardie di confine che non sapevano come comportarsi di fronte a quell’enorme folla. Non potevano mandare indietro un così alto numero di persone anche perché non erano preparati a tale evenienza: furono allora costrette ad aprire i checkpoint.  Di fatto cominciava la “caduta del muro” anche se l'abbattimento ufficiale iniziò il 13 giugno 1990.
Di quel terribile muro, reso sempre più invalicabile nel corso degli anni, oggi resta solo un segno bianco  sull’asfalto.
Nei giorni, nelle settimane e nei mesi successivi tanti accorsero al muro per portar via un ricordo, un souvenir, senza rendersi conto, senza capire cosa abbia significato, per chi l’ha vissuto, quel maledetto muro, ai cui piedi tante persone hanno perso la vita nel tentativo ultimo di correre verso la libertà o verso i propri cari rimasti al di là del Muro.
(Alessia S. Lorenzi  © Riproduzione riservata)

 

                   La costruzione del muro nel  1961                                          L'abbattimento del muro nel 1989

 

 

 

******

 

 

 

....Enzo Biagi, il grande  giornalista italiano, nell’anniversario della sua morte avvenuta il 6 novembre 2007

"Cara Italia, perché giusto o sbagliato che sia questo è il mio paese con le sue grandi qualità ed i suoi grandi difetti."

Novembre 2014
Enzo Biagi, giornalista e scrittore italiano ( 1920 - 2007) è stato sicuramente un maestro del giornalismo. Ricoprì la carica di direttore di diverse testate giornalistiche, inviato speciale per diversi quotidiani oltre che direttore del telegiornale in RAI.
Nel 1989 tornò a scrivere per il Corriere della sera e nel 1996 iniziò a scrivere per l’Espresso.
Conduttore noto soprattutto per le sue inchieste. Molte, infatti, le trasmissioni televisive condotte, tra tutte va ricordata la fortunatissima “Il fatto”per la Rai. In quella trasmissione ha più volte condannato il comportamento degli uomini di governo e ha avuto il coraggio di denunciare le azioni e le nefandezze del mondo politico. Questa suo schierarsi apertamente contro questo degrado della politica, gli costò l’allontanamento dalla Rai, avvenuto nel 2002.
Aveva deciso sin da ragazzo di fare il giornalista. “Ho sempre sognato di fare il giornalista, lo scrissi anche in un tema alle medie: lo immaginavo come un “vendicatore” capace di riparare torti e ingiustizie. Ero convinto che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo.”
Amava tantissimo il suo lavoro:“Avrei fatto il giornalista anche gratis: meno male che i miei editori non se ne sono mai accorti.” - diceva e a me piace ricordarlo con una serie di frasi sue in cui si avverte anche il  "sottile umorismo". E poi un suo intervento a commento delle dichiarazioni di Berlusconi del 18 aprile 2002 a Sofia, note anche come "editto bulgaro".

(Alessia S. Lorenzi  © Riproduzione riservata)

 

 

 

L’uomo, qualche volta, è come le scimmie: ha il gusto dell’imitazione.

******

La società è permissiva nelle cose che non costano nulla.

******

La mia generazione trovava eccitante leggere un’edizione della Divina Commedia con le illustrazioni del Doré. Adesso sui muri c’è scritto Culo basso bye bye. Capisce che è un po’ diverso?

******

Sono un giornalista che ricorre, con una certa frequenza, alle citazioni, perché ho memoria e perché ho bisogno di appoggi: c’è qualcuno al mondo che la pensava, o la pensa, come me.

******

Le verità che contano, i grandi principi, alla fine, restano sempre due o tre. Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino.

******

Denunciare è del giornalismo, proporre soluzioni è già politica.

******

Quando ho iniziato Mani Pulite, avevo messo nel conto di poter perdere la vita e l'onore. Ho portato a casa tutte e due.

******

[Commentando le dichiarazioni di Berlusconi del 18 aprile 2002 a Sofia, note anche come "editto bulgaro"]

Il presidente del Consiglio non trova niente di meglio che segnalare tre biechi individui: Santoro, Luttazzi e il sottoscritto. Quale sarebbe il reato? [...] Poi il presidente Berlusconi, siccome non intravede nei tre biechi personaggi pentimento e redenzione, lascerebbe intendere che dovrebbero togliere il disturbo. Signor presidente, dia disposizioni di procedere perché la mia età e il senso di rispetto che ho verso me stesso mi vietano di adeguarmi ai suoi desideri [...]. Sono ancora convinto che perfino in questa azienda (che come giustamente ricorda è di tutti, e quindi vorrà sentire tutte le opinioni) ci sia ancora spazio per la libertà di stampa; sta scritto – dia un'occhiata – nella Costituzione. Lavoro qui in Rai dal 1961, ed è la prima volta che un Presidente del Consiglio decide il palinsesto [...]. Cari telespettatori, questa potrebbe essere l'ultima puntata del Fatto. Dopo 814 trasmissioni, non è il caso di commemorarci. Eventualmente è meglio essere cacciati per aver detto qualche verità che restare al prezzo di certi patteggiamenti. (dalla trasmissione televisiva Il Fatto, 18 aprile 2002)
- Da Wikiquote.org -

 

contatore sito